La scorsa notte Luciano se ne è andato. Luciano era il marito di mia madrina Marinella, cugina di mia madre. Era di Terni, lavorava per le Ferrovie dello Stato. Era un uomo alto, brillante, simpatico. Aveva un'aria buona. Il suo accento umbro spiccava nei ritrovi di famiglia.
Il suo calvario iniziò all'incirca tre anni fa, all'epoca in cui suo suocero, mio prozio Dorino (Binello Teodoro, fratello di mio nonno Berto), moriva a sua volta di cancro e si ricongiungeva alla moglie Elia. Marinella e Luciano scoprirono, credo, nello stesso periodo, di avere entrambi un tumore, e iniziarono insieme la loro personale battaglia con una forza, un coraggio e una quantità di risorse tali che mi hanno sempre lasciato stupefatto e ammirato. E non lo dico con spirito retorico: ce l'hanno davvero messa tutta.
Poi mia madrina l'ha preceduto nell'aprile dell'anno scorso, ma Luciano non ha smesso di lottare. Ha provato diverse cure, diverse cliniche, è persino andato nel fitto della giungla cubana a procurarsi, inutilmente, il veleno dello scorpione rosso. L'ultima volta che l'ho visto è stata questa primavera, quando è venuto su a Canale per la messa di anniversario della morte di Marinella. Abbiamo pranzato insieme da mia madre, e io ho pensato che forse era la prima volta che passavo così tanto tempo con lui, che parlavamo così a lungo. In fondo, in passato l'avevo visto quasi sempre di sfuggita quando veniva su con Marinella a cenare con i miei per capodanno o festività simili. Al di là dei sintomi della malattia e delle cure, quella volta mi era sembrato relativamente in forma, per cui ho anche pensato che ci sarebbero state altre occasioni.
Invece no, e ora che se ne è andato anche Luciano, penso con tristezza al fatto che tutto un ramo della mia famiglia, quel ramo dei Binello che partiva da mio prozio Dorino, è stato reciso per sempre e non ne rimane traccia vivente. Trasferitosi anch'egli a Terni dopo esser rimasto vedovo, Dorino mi chiese più volte di andarli a trovarle, e io mi ripromisi più volte di farlo. Ma poi, tra una cosa e l'altra, ho sempre rimandato. Ora le occasioni sono sfumate e restano anche ben pochi ricordi. Non mi rimane che andare a dare un goccio d'acqua ai fiori ogni tanto, come Luciano mi aveva scherzosamente chiesto questa primavera.