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lunedì 11 luglio 2011

uno scrigno di sorprese 2/3: il funerale di nonno giacomo

La scatola di fotografie di cui ho scritto nell'ultimo post conteneva un'altra sorpresa, ancora più inattesa. In un piccolo album dalla copertina nera, era infatti racchiuso un sintetico servizio fotografico del funerale di mio bisnonno Giacomo (Giacomo Raimondo), padre di mia nonna Rina. Realizzato da un fotografo professionista (sull'etichetta è indicato Servizi Fotografici A. Rafele, Piazza G. Grosso 2, Cambiano) proprio come si usa tutt'oggi per i matrimoni, testimonia un'usanza adesso perduta e per me inimmaginabile.
La selezione di fotografie che espongo qui sotto fu scattata il 27 aprile del 1957, e mostra il corteo che, dall'abitazione di mio bisnonno (il piccolo palazzo giallo in piazza Marconi che vedo oggi dalla finestra della mia cucina e che attualmente ospita un'erboristeria) prosegue fino alla chiesa parrocchiale. Alla testa del corteo si riconoscono la moglie Caterina Mulasso, i miei nonni, e infine mio padre e mia zia Margherita ancora bambini.
Sono per me fotografie molto preziose, per diversi motivi. Innazitutto, esse costituiscono una piccola testimonianza visiva della Canale d'allora: vi si intravedono infatti alcune abitazioni non ancora, o almeno solo in parte, rimpiazzate da orrendi palazzi piastrellati anni Sessanta-Settanta; in Via Roma (angolo Via Garibaldi) si nota l'insegna di un negozio di cappelli e calzature (Barbisio), mentre sull'altro lato compare un manifesto d'epoca che pubblicizza la tintura per indumenti "Super Iride"; infine, è evidente la diversa conformazione del piazzale della Parrocchia di S.Vittore (stando a quanto dice mia madre, la casa che si vede sullo sfondo nell'ultima foto, al posto della quale ora c'è la cartoleria Marchisio, apparteneva a un sarto di nome Arturo, amico di mio nonno Berto).
Ciò che tuttavia emerge con maggiore evidenza da tali fotografie sono i radicali cambiamenti, verificatisi nell'arco di poco più di cinquant'anni (ma anche molto meno, perché nei miei trent'anni di vita non ho alcun ricordo del genere) negli usi e nei costumi della popolazione canalese: la relativa imponenza del corteo, preceduto da bambini, suore, frati e donne col velo, così come l'importanza stessa attribuita al funerale, tale da giustificare addirittura un servizio fotografico, sono indicatori di quanto diversamente fossero concepite le dimensioni religiosa e comunitaria, e di quanto maggiore rispetto a oggi fosse il ruolo che esse esercitavano nella vita della collettività paesana.
Per finire, queste fotografie raffigurano un evento importante della storia della mia famiglia, mostrandomi com'erano allora i protagonisti che lo subirono. Io non conobbi mai mio bisnonno Giacomo, che morì di tumore alla prostata vent'anni prima della mia nascita, ma ne presi il nome e ne sentii spesso parlare da mia nonna e da mio padre, che lo descrivevano come un uomo forte, amato e rispettato. Di suo sopravvive oggi il ciabòt che egli stesso costruì e che uso ancora oggi.
Scrive di lui mio padre, in una nota dell'albero genealogico:

Uomo molto energico e di bell'aspetto. Iniziò l'attività di maniscalco.
Poi passò al commercio di carbone e di tualete. Molto amato dai
compaesani. Perse una figlia dell'età di 16 anni per linfoma.









mercoledì 8 giugno 2011

memorie flash (2) - via roma, angolo via ciriagno


L'angusto corridoio d'ingresso dell'appartamento in Via Roma (angolo Via Ciriagno) nel quale andarono a passare i loro ultimi anni i miei bisnonni Minot e Delina, genitori del mio nonno materno, dopo una vita trascorsa a Mulino Galletto. Ricordo, in quell'ingresso dalle tinte biancastre, la figura imponente di mio bisnonno, un giorno che andai a trovarlo insieme a nonno Berto. Nonno Minot era stato mugnaio, aveva delle mani enormi e nodose, un volto felino e occhi di ghiaccio. Ricordo molto poco di lui. Forse mi incuteva anche un po' di timore.
Sotto il loro appartamento, in un piccolo palazzo che già da oltre un ventennio, forse quasi un trentennio, è stato abbattuto per far posto a un edificio più grande e moderno, c'era un negozio di alimentari che si affacciava sull'officina Visca, al posto della quale ora c'è un Maxisconto. Ricordo che accompagnai mio nonno Berto in quel negozietto, e lui comprò del prosciutto cotto avvolto in carta gialla. Ricordo che quella volta appresi che del prosciutto non si mangia solo il grasso, come invece facevo io.


Le due immagini accanto mostrano un dettaglio del volto e uno delle mani di nonno Minot (Domenico Bernardo Binello, padre del mio nonno materno), in due fotografie scattate da mio padre nel 1981.

giovedì 10 marzo 2011

caro marito

Siccome in questo periodo ho la mente occupata da un lungo lavoro che mi prosciuga la voglia e l'ispirazione, ho deciso di riempire lo spazio vuoto che precede il prossimo post riciclandone uno dal mio vecchio blog. Tanto, poco alla volta, intendevo comunque trasferire in questo spazio tutti i post scritti in passato che fossero attinenti ai temi affrontati su Memoria Esterna, quindi tanto vale che lo faccia nel momento del bisogno.
Lo spunto per la pubblicazione di questo post viene inoltre dal ritrovamento di una scatola in cui mio padre aveva raccolto la corrispondenza che mio bisnonno Bartolomeo aveva tenuto dal fronte, durante la prima guerra mondiale, con la moglie Caterina, il fratello Giovanni e i genitori Ottavio e Maddalena.
Mio bisnonno morì in battaglia nel 1916 sul fronte austriaco, lasciando la moglie sola con il figlio di appena due anni, mio nonno Ottavio (Taviu). La coppia è protagonista della foto qui sotto, scattata nel 1911 in occasione del loro matrimonio. Solo mentre digitavo la data, in questo stesso momento, mi sono reso conto che sono passati esattamente cento anni da allora.

Bartolomeo Calorio II e Caterina Sperone il giorno del loro matrimonio, 1911.

Ed ecco la trascrizione della prima lettera, tenera e commovente, che vi propongo. Fu scritta da Caterina poco dopo la partenza del marito.


Canale, 8-3-1916
Caro marito,
dopo sei giorni dalla tua partenza ieri o ricevuto la tua bella lettera che da me era tanto desiderata, credi mi sono molto rallegrata nel riceverla credi gioivo e avevo il cuore che mi batteva e le lacrime agli occhi non potevo più nemmeno dissigillarla, la forza del batticuore che io avevo, ma poi mi sono tranquillizzata un poco, me, e anche i nostri genitori nel sentire che al momento stai bene di salute e che al momento sei ancora fuori dal pericolo.
Caro marito sto a dirti che quella lettera lo gia letta piu di 20 volte tutti i momenti la guardo la leggo e la rileggo la faccio baciare dal nostro caro figlio, e vedendo che e fatto da te mi rallegro un poco il mio cuore, e mi consolo un poco, persino la mamma dice non lai ancora letta abbastanza? ma io non guardo nessuno, io leggendola mi sollevo un poco da quelle pene e mi pare di vederti vicino che mi parli insieme, e sembra che sia arrivata soltanto in quei momenti.
Caro Bartolomeo ti prego quando mi scrivi di non darmi piu del voi perche anche da lontano mi pare di essere sempre tua moglie come prima, e oso a dirti ancora di piu affezionata di prima, intanto scusami se ti dico questo, non e per offenderti ma solamente per unaltra volta che tu faccia piu attenzione quando mi scrivi poi mi sono messa persino a ridere e dicevo per ora comincia a darmi del voi, ma lo so che tu essendo tanto buono con la tua cara moglie non lai fatto con nessuno motivo, e credo che anche tu lo abbi fatto per una facezia per consolarmi un poco, dunque perdonami se ti dico questo e ti prego di non offenderti perche io o detto questo per farti ridere un poco perche mi ai dato del voi.
Intanto ti dico che siamo tutti in salute come speriamo di te anche il nostro Giovanni a scritto che sta bene e non sa ancora niente riguardo alla sua partenza. Caro marito non posso esprimerti il dolore che o provato nella tua partenza dalla stazione di Alba credimi che la strada per ritornare a casa non lo piu vista, e credo che anche tu avrai fatto un viaggio molto addolorato. Dunque fatti coraggio, guarda di sostenerti per bene per non venire ammalato e se hai bisogno dei soldi o qualche altra cosa mandalo a dire che te ne mandiamo, guarda di non stare con pochi soldi in tasca perche delle volte e pericolo mandarti lontano e se non ai dei soldi non puoi sostenerti come ai bisogno. Ti prego di ascoltare i tuoi superiori affinche non ti castigano e prederti guarda riguardo al portafoglio, di non perderlo e che non te lo prendono mettilo sempre nella tasca secreta che ti o fatto. Intanto mandami a dire se la cravatta ti piace perche desidero saperlo. Caro marito mi raccomando te di pregare e di renderti di cuore a qualche Santo o qualche Madonna ove desideri te, alla tua idea, perche ti faccia la grazia di ritornare a casa sano e salvo, e quello che li prometti quando sarai a casa di farlo, ti prego di farlo con devozione. Ti dico questo perche a renderti te, vale piu che a renderti noi da casa. Mi raccomando se ti mandano giu di non fare tanto il curioso e di assicurarti alla tua vita. Ti dico che mentre ti scrivo abbiamo ricevuto la cartolina del mio caro fratello Antonio e siamo stati contenti. Ti prego di scrivermi appena ricevuto la lettera e di scrivermi sovente sovente perche io preferisco una tua notizia che tutte le cose di questo mondo.
Addio ricevi tanti saluti dal figlio di Sansun che si trova anche lui vicino a Cividale e presto a detto che ti scrive, e poi ricevi tanti saluti da tutta la nostra famiglia e la famiglia sperone e barba Garun e la zia Carolina e barba Minot e la zia che anno anche loro ricevuto la tua cartolina e ora sono rimasti amici il nostro padre con lo zio Domenico, vengono sempre a casa nostra a veliare. Ricevi ancora tanti saluti dalla nostra famiglia e ricevi tanti saluti e baci da chi sempre ti ricorda tua Aff.ma moglie e un bacio dal tuo e nostro figlio Ottavio che anche lui prega per te.
Catterina

A margine ci sono due note:

Quando scrivete mandate sempre notizie uno dell'altro, ricevi baci dalla tua moglie e figlio, addio

L'indirizzo del nostro Giovanni
Calorio Giovanni
3a Artiglieria di Montagna 51a Batteria forte S. Giuliano Genova

venerdì 28 gennaio 2011

i ricordi che non ho

Esistono ricordi che non sono incisi direttamente nella nostra esperienza personale, ma entrano a farvi parte attraverso i racconti, i dati, i documenti, le immagini che abbiamo ereditato e assorbito da coloro che sono venuti prima di noi. Io ho sempre avuto un rapporto ai limiti dell'idiosincrasia con la Storia in senso generale (ho enormi difficoltà a comporre gli eventi del passato in una visione d'insieme cronologicamente strutturata, e le date scivolano via dalla mia memoria come un insieme di cifre prive di senso), ma in compenso nutro un grande interesse e attaccamento per la Storia "privata" della mia famiglia e del contesto geografico e culturale in cui sono nato. Ho la fortuna di disporre di un ricco bagaglio di fotografie dei miei antenati e, soprattutto, di un  ricco e dettagliato albero genealogico lasciatomi da mio padre, indispensabile a conferire a tali fotografie un senso e una collocazione. Proprio di recente ho rinvenuto una scatola di fotografie mai viste prima appartenute a mia nonna, e sollevarne il coperchio è stato per me più emozionante che aprire lo scrigno del più ricco dei tesori. Il legame di sangue che percepisco intercorrere tra me e i protagonisti di tali fotografie, scattate per lo più in epoche delle quali non ho memoria perché non ne facevo parte, mi fornisce uno spunto per donare a questo blog nuove e stimolanti sfaccettature.

Per un motivo o per l'altro, tutte le fotografie che ho visionato consultando e perfezionando l'opera di mio padre nei ritagli di tempo sono degne di interesse. Alcune testimoniano usanze ora decadute, altre angoli del mio paese che non ci sono più, altre ancora suggeriscono l'origine di tratti somatici emersi successivamente nel patrimonio genetico mio, dei miei genitori, dei miei fratelli. Alcune semplicemente mostrano lati a noi ignoti di persone che abbiamo conosciuto in vita. Ciascuna foto, forse anche in virtù del loro numero relativamente esiguo, è di per sé interessante, ma ve ne sono alcune che mi hanno colpito più di altre, perché cariche di significati più intensi, talvolta drammatici. Una di queste è l'istantanea che vedete qui sotto.

 L'avevo già vista distrattamente altre volte in passato, e le uniche due cose che avevo notato sono il fatto che fosse stata scattata in piazza Vittorio Veneto a Torino,  in corrispondenza del ponte della Gran Madre, e il fatto che una delle tre donne che vi compaiono fosse mia nonna Rina da giovane. Ho dunque sempre pensato che fosse stata scattata nel corso di una lieta gita nel capoluogo della regione.
Ieri mi è tuttavia capitato di leggere la didascalia che mio padre aveva scritto su un file a parte, quando ha passato allo scanner gran parte di queste foto. La riporto per intero:

Raimondo Caterina, Raimondo Margherita e Rissone Maria.
Questa foto è stata scattata nel 1941 a Torino, dove Margherita, affetta da linfoma, era stata portata per una visita medica.

Raimondo Caterina era mia nonna Rina, ovvero la donna sulla sinistra. Rissone Maria, la signora sulla destra, da nubile faceva Mulasso di cognome, ed era sorella di mia bisnonna e quindi zia di mia nonna. Le cosa per me più sconvolgente è tuttavia la presenza di Margherita, sorella minore di mia nonna: la data della fotografia (scattata, tra l'altro, in tempo di guerra) e il dettaglio sul motivo del viaggio ribaltano completamente il senso dell'immagine, generando istantaneamente rimandi con alcuni ricordi della mia infanzia, inducendo spontanei calcoli cronologici e l'esigenza di ulteriori informazioni, ma soprattutto costringendo l'occhio a soffermarsi sull'espressione della ragazza, sul suo sguardo serio rivolto all'obiettivo, sulla sua triste bellezza.

La mia prozia Margherita, nata nel 1926 a Canale d'Alba, morì nel 1942 all'età di sedici anni, a causa di quello stesso linfoma. La fotografia fu scattata un anno prima della sua morte, e io non oso immaginare quali pensieri si agitassero nella sua testa nel momento in cui l'ignoto fotografo premette il pulsante. Non oso immaginare il dolore provato dai suoi genitori, per me solo volti all'interno di un archivio fotogratico e protagonisti di alcuni racconti dell'infanzia, e soprattutto da mia nonna, che un giorno, quando ero bambino, mi confessò di detestare il Natale perché proprio in quei giorni le era stata portata via la sorellina. Di mia prozia Margherita non ho ricordi di prima mano, come non ne aveva mio padre, nato due anni dopo la sua morte. So che mia nonna diede il suo nome alla sua seconda figlia, mia zia, e ricordo il suo ritratto in una cornice ovale di legno scuro, appeso accanto a quello di mio bisnonno Giacomo nella stanza in cui ora gioca e dorme mio figlio Pietro. Tutto il resto sono ricordi che non ho di una prozia che non ho mai avuto.