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Da sinistra: nonno Tavio, Lena, nonna Rina, Secondo.
Fotografia scattata a Monaco nel settembre del 1979. |
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Come già accennato
in un post precedente, alcuni mesi fa ho scoperto, a casa dei miei genitori, una scatola di legno che conteneva le fotografie appartenute a mia nonna Rina. Era rimasta su una scarpiera per non so quanti anni, credo dalla morte di mia nonna, e probabilmente mai nessuno l'aveva aperta, da allora. La maggior parte di esse era stata scattata in occasione di viaggi (probabilmente gite organizzate, nel corso degli anni Settanta-Ottanta, dal centro anziani o dalla parrocchia di Canale), e ritraeva i miei nonni spesso in compagnia della loro coppia di amici Lena e Secondo (anch'essi parte dei miei ricordi d'infanzia, e anch'essi dimenticati fino a oggi). Sfogliare quel mucchio indistinto di polaroid ingiallite e istantanee sghembe o fuori quadro ha rinvigorito l'immaginario visivo e contestuale attraverso cui oggi rievoco nella mente i miei nonni paterni, scomparsi una quindicina d'anni fa, rispolverando in me angoli della memoria fino a oggi accantonati. Sì, perché mi sono accorto che, dopo tutti questi anni (circa metà della mia vita), quell'immaginario era andato cristallizzandosi eccessivamente su un pugno di situazioni e una manciata di fotografie scattate da mio padre principalmente negli anni Ottanta nel cortile della nostra casa, oltre che su uno sparuto gruppetto di ritratti di gioventù che però non fanno direttamente parte dei miei ricordi. Non che le gite dei miei nonni rientrino nei miei ricordi personali, però li hanno sfiorati in qualche modo, mediati da racconti e souvenir. Non so bene come esprimerlo, ma nell'aprire quella scatola di fotografie scattate in giro per l'Italia e occasionalmente per l'Europa, mi è sembrato un po' di liberare i miei nonni da cornici anguste e sempre uguali a se stesse (quelle che li racchiudono insieme a me e ai miei fratelli bambini, ma anche quelle che ne fissano l'esistenza sulla lapide di famiglia), conferendo loro nuova vita, respiro, tridimensionalità. Mi è sembrato di aprire una finestra, fare luce, portare nuova aria.
Sarà fisiologico, ma non mi sembra vero, né giusto, che io ricordi così vagamente, così malamente, i miei nonni. Vorrei avere più memoria, per rendere giustizia all'affetto provato da loro nei miei confronti. Me lo dico soprattutto ora che, da genitore, ho modo di osservare da un'angolazione diversa quale sia il rapporto tra nonno e nipote. E mi rendo anche conto di quanto li conoscessi poco, in fin dei conti.
Diventa difficile tenere un blog sulla memoria quando ci si trova davanti un magma indistinto pieno di zone d'ombra. Fortunatamente ogni tanto può capitare che ti giunga in aiuto uno scrigno segreto, a rischiarare qualche angolo buio.
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